La Rai rischia una sanzione faraonica fino a 90 milioni di euro, pari a circa il 3 per cento del fatturato della televisione pubblica, per irregolarità nei procedimenti seguiti all’uscita dalla piattaforma di Sky Italia.
Sotto accusa il continuo criptaggio dei suoi programmi sul satellite che sarebbero vietate dalle norme del servizio pubblico. Al momento, si tratta di un’istruttoria avviata dall’autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni presieduta da Corrado Calabró. In un documento dell’Ufficio legale Rai si legge che “l’Agcom ha ritenuto di poter ravvisare nell’avvio delle trasmissioni di Tivúsat alcune criticità sotto il profilo del rispetto degli obblighi del servizio pubblico, in quanto non avrebbe dato informazione agli abbonati Rai dell’impossibilità, a decorrere dal 1 agosto 2009, della visione integrale dei tre canali generalisti di servizio pubblico sulla piattaforma di Sky Italia”. Inoltre, “la Rai avrebbe operato un eccesso di criptaggio nell’ultimo periodo” (oscurando all’improvviso molte trasmissioni) e ” le modalità messe in atto per garantire l’universalità del servizio pubblico non apparirebbero rispettose del contratto di servizio”.
Infine, si legge nella nota legale, l’Agcom ha ricordato che in caso di infrazioni gravi dell’obbligo del servizio pubblico “potrebbe disporre l’applicazione di una pesantissima sanzione pecuniaria fino al tre per cento del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida”.
Luisa Anna Magri
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