C’ERANO UNA VOLTA I CONTRIBUTI ALL’EDITORIA

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Come ampiamente documentato sulle pagine di questo sito, la prima manovra economica varata dal Governo Monti ha eliminato il sistema di contribuzione diretta all’editoria a partire dal 31 dicembre 2014 (gestione 2013).
Il sistema di contributi diretti all’editoria fu introdotto dall’art. 22 della legge n. 416 del 5 agosto 1981 e consisteva, essenzialmente, in un’integrazione sul prezzo della carta. Successivamente, è stato riformato dalla legge n. 250 del 7 agosto 1990. I contributi sono erogati a favore di alcuni particolari tipi di imprese cui viene riconosciuto un valore sociale e che sono in possesso di una serie di requisiti soggettivi ed oggettivi. Con l’eliminazione dei contributi di cui alla suddetta legge, viene eliminato il sostegno dello Stato alle testate organo di partiti politici; ai quotidiani per le minoranze linguistiche; ai giornali editi da cooperative, fondazioni o enti morali. Restano senza sostegno i giornali editi da cooperative giornalistiche e cioè quelle società caratterizzate dall’autonomia dei giornalisti che, oltre a lavorare per la testata, sono proprietari della società. Queste sono l’esempio più limpido di editore puro, che non ha altri interessi se non quelli strettamente inerenti l’attività editoriale. Vengono privati del sostegno anche i giornali editi e diffusi all’estero che hanno il nobile fine di salvaguardare e tutelare l’identità della lingua italiana all’estero.
L’articolo 29 della manovra dispone anche una modifica, entro il prossimo anno, del DPR n. 223, approvato l’anno scorso, che aveva già riformato il sistema di assegnazione dei contributi all’editoria. L’esigenza è quella di ottenere «una più rigorosa selezione dell’accesso alle risorse», nonché maggiori «risparmi nella spesa pubblica». Insomma, si rende più difficile l’accesso ai contributi e, contemporaneamente, si eliminano gli stessi. Così, sempre secondo la manovra, tutte le risorse risparmiate, verranno destinate alla «ristrutturazione delle aziende, all’innovazione tecnologica, a contenere l’aumento del costo delle materie prime ed all’informatizzazione della rete distributiva». Peccato che le imprese da rinnovare saranno ben poche. La maggior parte, infatti, avrà già chiuso mandando a casa numerosi giornalisti e lasciando i lettori orfani di un prezioso strumento di democrazia ed informazione.
Per avere un’idea delle testate che rischiano la chiusura basta scorrere l’elenco dei giornali che percepisco i contributi.

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