Agcom conferma le preoccupazioni: “Crisi strutturale per i quotidiani”

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Agcom conferma le preoccupazioni: il digitale non basta, “i quotidiani confermano una preoccupante crisi strutturale”. Il presidente Giacomo Lasorella ha presentato, nei giorni scorsi, la relazione annuale al Parlamento. E ha spiegato dubbi, zone d’ombra e perplessità che attraversano il settore dell’informazione e dell’editoria in particolar modo. Lasorella parla di una crisi che non sembra voler rientrare: “I quotidiani confermano una preoccupante crisi strutturale, soprattutto sul prodotto tradizionale, ma anche in quello digitale”, ha dichiarato il presidente Agcom. Che ha aggiunto: “Ciò sottolinea la necessità per l’editoria di investire strategicamente innovando l’offerta nei linguaggi e nei contenuti per rivolgersi ad un pubblico più vasto e più giovane”.

I numeri parlano chiaro: “Per quanto riguarda i quotidiani, tuttavia, i dati più recenti – ha aggiunto Lasorella – indicano una sostanziale tenuta dell’interesse alla lettura, con circa 11,2 milioni di persone che leggono almeno un quotidiano in un giorno medio (22,1% della popolazione dai 14 anni in su). Nonostante il dato di lettura risulti stabile, si assiste, nel 2024, ad una sensibile ulteriore diminuzione della diffusione media giornaliera pagata, che risulta pari a 1,7 milioni di copie (cartacee e digitali), in calo del 6,7% rispetto all’omologo dato del 2023”. Per l’intero comparto media, però, le cose non sembrano andare così male: “Il quadro economico del settore dei Media, analizzando il contesto nazionale, nonostante alcune persistenti debolezze, mostra nel 2024 segnali di ripresa. Le entrate complessive sono aumentate del 3,2% rispetto al 2023, superando i 12 miliardi di euro”. E dunque ha aggiunto: “Questo incremento si deve principalmente all’aumento dei ricavi da contenuti a pagamento (+4,3%), soprattutto per la televisione online, che ha compensato il calo nelle vendite di copie di quotidiani e periodici. Anche i ricavi pubblicitari hanno registrato una crescita (+2,6%), grazie alla performance di televisione e radio, così come i fondi pubblici (+1,7%), per lo più derivanti dal canone Rai. In questo contesto, il divario tra il settore televisivo e gli altri mezzi di comunicazione tradizionali si è ulteriormente rafforzato. La televisione arriva a generare il 72,8% degli introiti. Parallelamente, si riduce l’incidenza dell’ editoria quotidiana e periodica (21,8% delle risorse totali) e quella della radio (5,4%)”.

Il presidente Agcom parla poi dell’elefante nella stanza del dibattito sui media e l’editoria ossia la questione copyright: “Quella dell’equo compenso per gli editori in relazione allo sfruttamento in ambiente digitale delle pubblicazioni di carattere giornalistico, è una questione cruciale per il mondo dell’ editoria e, in generale, del pluralismo informativo”.

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