“Stop discriminazioni contro i giornalisti pubblicisti”

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“Stop discriminazioni ai giornalisti pubblicisti”, la denuncia arriva dal consigliere dell’ordine dei giornalisti del Lazio, Nicola Di Stefano. A far arrabbiare Di Stefano è stato il “bando” pubblicato su Linkedin da Sport e Salute che cercava un nuovo Capo Ufficio Stampa per il comitato paraolimpico italiano. Specificando, tra i requisiti, di cercare giornalisti professionisti. Ma per Di Stefano questa è solo l’ultima di una serie di vicende e di vere e proprie discriminazioni a carico dei pubblicisti. “Stiamo assistendo in ordine di tempo sempre più spesso a ricerche di professionalità che in modo sistematico discriminano nei fatti i giornalisti pubblicisti, ultimo in ordine cronologico è un annuncio pubblicato in questi giorni sulla piattaforma Linkedin da Sport e Salute, per conto del Comitato Italiano Paraolimpico per ricercare la figura di Capo Ufficio Stampa”. Racconta Di Stefano: “Tra i vari requisiti che deve avere il candidato ricercato è quella dell’iscrizione all’Albo giornalisti professionisti, elemento che tiene fuori completamente i giornalisti pubblicisti”. Una condizione inaccettabile per Di Stefano che insiste: “Purtroppo non sono iniziative isolate, ma si ripetono in modo sistematico, di recente in alcuni bandi di concorso, come quello del Coni di giugno 2025 per ufficio stampa o come il bando Rai per 100 giornalisti che hanno escluso ancora una volta i pubblicisti in violazione dei principi di parità e inclusione, bandi che contravvenendo a presupposti legislativi si espongono ad un quasi sicuro rischio di contenzioso amministrativo”. Ma non è tutto: “In una società che si proclama democratica, devono corrispondere pari diritti e pari doveri – ha aggiunto Nicola Di Stefano -. I giornalisti pubblicisti, peraltro la maggioranza, (con oltre il 70% degli iscritti totali, sono circa 75mila pubblicisti mentre sono 30mila i professionisti), vengono spesso discriminati”. Quindi ha ricordato: “Già la Corte Costituzionale molti anni fa aveva abrogato degli articoli della legge 69, dichiarandoli anticostituzionali, fissando il principio che i pubblicisti e i professionisti, hanno pari dignità giuridica e pari qualità professionale. Purtroppo anche nei Consigli regionali e in quello nazionale la quota dei pubblicisti è inferiore, in spregio ad ogni principio democratico”. Quindi la conclusione: “La società non è più quella del 1963 e si sono fatte strada nuove professioni della comunicazione, vedi da ultimi i social media manager, l’occasione della riforma della legge 69 del 1963, in discussione alla Camera deve essere un’occasione per portare i giornalisti in un contesto più democratico in linea con i principi europei, i piccoli passi avanti ottenuti nella proposta di legge, non sono sufficienti, occorre porre rimedio alla disparità tra i giornalisti professionisti e i giornalisti pubblicisti che serve ricordare appartengono allo stesso ordine”.

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