La Super Lega è (solo) una questione di tanti, troppi soldi ma rischia di travolgere tutti

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Calcio e diritti tv, un business milionario

I numeri alla base della questione sono tali da non ammettere dubbi, almeno per i dodici club “fondatori” che hanno sconvolto il calcio europeo annunciando la nascita della cosiddetta Super Lega. In Spagna si tratta di Real Madrid, Barcellona e Atletico Madrid, in Italia Juventus, Inter e Milan, in Inghilterra ben sei club: Arsenal, Tottenham, Liverpool, Manchester City, United, e Chelsea.

L’Uefa è sul piede di guerra perché rischia di perdere un affare ultramilionario. Florentino Perez, dopo una giornata di clamorose accuse – su tutte quelle di Aleksander Ceferin che ha parlato del progetto come di “uno sputo in faccia a chi ama il calcio” – ha snocciolato le cifre. I club se ne vanno perché a fronte dei 120 milioni circa che oggi sono assicurati dalla partecipazione alla Champions League, ne incasserebbero più di 400. A testa. Eliminando le “intermediazioni” e cassando le squadre minori.

Il progetto di Super Lega, infatti, è molto “americano”, in pieno stile Nba. Un campionato in cui non si può retrocedere ma a cui si partecipa a invito. Otterrebbe fondi da Jp Morgan e potrebbe, in poco tempo, fare piazza pulita del pallone europeo. Perché, come ha insegnato un ventennio abbondante di paytv, rischia di “monopolizzare” il mercato dei diritti lasciando meno delle briciole ai campionati nazionali (che senza le squadre più rappresentative vedrebbero falcidiato il loro valore) e al movimento sportivo.

La guerra del pallone, dunque, è solo ed esclusivamente una guerra economica e le mosse politiche che discendono da questa sono tutte finalizzate ad assicurare la vittoria agli uni o agli altri contendenti. Non si parli di sport, ovviamente. Ma di business. Lecito “per evitare il fallimento”, come ha spiegato Florentino Perez. Egoista,  secondo lo schieramento Uefa, perché per salvarne dodici o poco più si rischia di azzoppare per sempre tutto il movimento.

La battaglia è appena iniziata e su scala globale rischia di travolgere con se non solo uno sport ma l’intero settore che gli gravita attorno, su tutti quello dei media sportivi.

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