DAL PARLAMENTO EUROPEO LE NUOVE REGOLE PER GLI SPOT IN TV

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Il Parlamento europeo ha
approvato oggi la nuova direttiva sulle attività televisive (ex direttiva «TV
senza frontiere») presentata dall’eurodeputata tedesca Ruth Hieronymi (PPE,
Germania) che attualizza o introduce nuove norme su interruzioni pubblicitarie,
televendite, sponsorizzazioni e «product placement». La pubblicità non potrà
superare 12 minuti per ogni ora di trasmissione, mentre l’inserimento dei
prodotti sarà concesso soltanto ad alcune condizioni. Particolare attenzione è
rivolta ai minori, ai prodotti dannosi per la salute, ai notiziari e ai
programmi religiosi.


La direttiva passata a Strasburgo attualizza la «TV senza frontiere» del 1997
agli sviluppi tecnologici e della pubblicità audiovisiva. La relazione accoglie
un compromesso negoziato con il Consiglio che contempla numerosi suggerimenti
proposti dai deputati nel corso della prima lettura. Il provvedimento sarà
applicabile entro due anni dalla sua entrata in vigore (giorno successivo alla
sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale UE), ossia verso la fine del 2009.

Quali forma di comunicazione interessa la direttiva
Nel campo di applicazione della
direttiva rientrano anche le WebTv e i video on demand: è precisato che sono
interessati la televisione analogica e digitale, la trasmissione continua in
diretta (live streaming), la trasmissione televisiva su Internet (webcasting) e
il «video quasi su domanda» (near-video-on-demand). I servizi di media
audiovisivi «a richiesta» (video on demand) rientrano nel campo d’applicazione
della direttiva se «comparabili ai servizi televisivi», ossia se sono in
concorrenza per lo stesso pubblico delle trasmissioni televisive.

Sono invece esclusi tutti i
servizi la cui finalità principale non è la fornitura di programmi, in cui il
contenuto audiovisivo è «meramente incidentale e non ne costituisce la finalità
principale». Non rientrano quindi nel campo d’applicazione della direttiva i
siti internet privati (blog e communities) e i servizi consistenti nella
fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a
fini di condivisione o di scambio, né i giochi d’azzardo con posta in denaro, i
giochi in linea e i motori di ricerca. Sono comprese invece «le trasmissioni
dedicate a giochi d’azzardo o di fortuna». Esclusi anche le trasmissioni audio e
i servizi radiofonici, nonché le versioni elettroniche di quotidiani e riviste.

Fissato il tetto orario di pubblicità consentita a 12 minuti
Pubblicità e televendite devono
essere chiaramente riconoscibili e distinguibili dal contenuto editoriale. Senza
pregiudicare l’uso di nuove tecniche pubblicitarie, devono quindi essere tenute
nettamente distinte dal resto del programma «con mezzi ottici e/o acustici e/o
spaziali». Gli spot pubblicitari e di televendita isolati, salvo se inseriti in
trasmissioni di eventi sportivi, «devono costituire eccezioni». Deve inoltre
essere garantita «l’integrità dei programmi», tenuto conto degli intervalli
naturali, della durata e della natura del programma.

La trasmissione di film
prodotti per la televisione (ad esclusione delle serie, dei seriali e dei
documentari), opere cinematografiche e notiziari può essere interrotta da
pubblicità televisiva e/o televendite «soltanto una volta per ogni periodo
programmato di almeno trenta minuti». Lo stesso vale per la trasmissione di
programmi per bambini, «purché la durata programmata della trasmissione sia
superiore a trenta minuti». Nelle funzioni religiose, invece, «non si
inseriscono né pubblicità televisiva né televendite».

La proporzione di spot
televisivi pubblicitari e di spot di televendita in una determinata ora
d’orologio «non deve superare il 20%» (ossia 12 minuti). Ciò non si applica agli
annunci dell’emittente relativi ai propri programmi, agli annunci di
sponsorizzazione e agli inserimenti di prodotti, né ai canali televisivi
dedicati esclusivamente alla pubblicità, alle televendite e all’autopromozione.

Queste nuove disposizioni
sopprimono peraltro le vigenti norme che limitano al 20% il tempo massimo
quotidiano di trasmissione di spot di televendita, spot pubblicitari e altre
forme di pubblicità, ad eccezione delle finestre di televendita, e al 15% il
tempo di trasmissione per i soli spot pubblicitari sull’intera giornata.
Riguardo alle «finestre di televendita», le nuove disposizioni impongono che
queste siano chiaramente identificate come tali con l’ausilio di mezzi ottici e
acustici. Devono inoltre avere una durata minima ininterrotta di 15 minuti. E’
peraltro soppressa l’attuale norma che fissa a otto il numero massimo di
finestre di programmazione giornaliere, per una durata complessiva non superiore
a tre ore al giorno.

 

«Product placement»
autorizzato soltanto a determinate condizioni

In linea di principio, la
direttiva vieta l’inserimento di prodotti (o «product placement»), ossia «ogni
forma di comunicazione commerciale audiovisiva che consiste nell’inserire o nel
fare riferimento a un prodotto, a un servizio o a un marchio così che appaia
all’interno di un programma dietro pagamento o altro compenso». Questo divieto
sarà d’applicazione per i programmi prodotti dopo il quarto anno dall’entrata in
vigore della direttiva.

Tuttavia, «a meno che lo
Stato membro decida altrimenti», sono ammesse deroghe nei casi di opere
cinematografiche, film e serie prodotti per i servizi di media audiovisivi,
programmi sportivi e di intrattenimento leggero. Come anche nei casi in cui non
vi sia pagamento, «ma soltanto fornitura gratuita di determinati beni o servizi,
quali aiuti alla produzione e premi, in vista della loro inclusione all’interno
di un programma». Ma è esclusa qualsiasi deroga ai programmi per bambini.

Per il «product placement»,
valgono gli stessi principi definiti per la sponsorizzazione. La direttiva,
tuttavia, dà la possibilità agli Stati membri, «in via eccezionale», di non
applicare le disposizioni relative all’identificazione – all’inizio, alla
ripresa e alla fine del programma – dell’inserimento del prodotto. A condizione,
però, che il programma in questione non sia stato prodotto né commissionato dal
fornitore di servizi di media stesso o da un’impresa legata al fornitore di
servizi di media.  
Il «product placement», che negli Stati Uniti è pratica comune, in Europa è
autorizzato soltanto in alcuni paesi.

Libertà di ricezione e trasmissione nell’Unione europea (fatta eccezione per i
contenuti pornografici e razzisti)
In base alla direttiva, gli Stati
membri devono garantire la libertà di ricezione e non ostacolare la
ritrasmissione sul proprio territorio di servizi di media audiovisivi
provenienti da altri Stati membri. Sono autorizzati a farlo, ma a solo a titolo
provvisorio, se una trasmissione viola «in maniera evidente, grave e seria» il
divieto di contenere programmi che possano «nuocere gravemente allo sviluppo
fisico, mentale o morale dei minorenni, in particolare programmi che contengano
scene pornografiche o di violenza gratuita». A meno che la scelta dell’ora di
trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico escludano che i minorenni
che si trovano nell’area di diffusione assistano normalmente a tali programmi.

Gli Stati membri possono
inoltre vietare le trasmissioni di altri Stati membri che contengono
«incitamento all’odio basato su razza, sesso, religione o nazionalità».

Sì alla pubblicità, ma con maggiori protezioni verso i minori
La direttiva innanzitutto attualizza
la definizione di spot, definendolo «comunicazione commerciale
audiovisiva», ossia un’immagine destinata a promuovere, direttamente o
indirettamente, le merci, i servizi o l’immagine di una persona fisica o
giuridica che esercita un’attività economica. 
Con «pubblicità televisiva», la direttiva intende «ogni forma di messaggio
televisivo trasmesso dietro pagamento o altro compenso, ovvero a fini di
autopromozione, da un’impresa pubblica o privata o da una persona fisica
nell’ambito di un’attività commerciale, industriale, artigiana o di una libera
professione, allo scopo di promuovere la fornitura, dietro pagamento, di beni o
di servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni». Con
«televendita», si intende invece l’offerta diretta trasmessa al pubblico allo
scopo di fornire, dietro pagamento, beni o servizi, compresi i beni immobili, i
diritti e le obbligazioni.
Le immagini, precisa il testo, accompagnano o sono inserite in un programma
dietro pagamento o altro compenso o a fini di autopromozione. Tra le forme di
comunicazione commerciale audiovisiva figurano, tra l’altro, la pubblicità
televisiva, la sponsorizzazione, la televendita e l’inserimento di prodotti. La
direttiva chiede agli Stati membri di assicurare che le pubblicità siano
prontamente riconoscibili come tali. Vanno quindi proibite le comunicazioni
commerciali audiovisive occulte e che utilizzano tecniche subliminali.
Rispetto alla pubblicità subliminale, il volume del suono non dovrà eccedere la
media del volume del resto della trasmissione.  Le immagini, inoltre, non devono
pregiudicare il rispetto della dignità umana né comportare o promuovere
discriminazioni fondate su sesso, razza o origine etnica, nazionalità, religione
o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale. 

Stop alla pubblicità dei medicinali che necessitano la prescrizione medica
Le pubblicità non devono incoraggiare
comportamenti pregiudizievoli per la salute, la sicurezza o la protezione
dell’ambiente. E’ inoltre vietata qualsiasi forma di comunicazione commerciale
audiovisiva per le sigarette e gli altri prodotti a base di tabacco, mentre per
le bevande alcoliche non deve rivolgersi specificatamente ai minori né
incoraggiare «il consumo smodato di tali bevande». Sono anche vietate le
comunicazioni commerciali audiovisive dei medicinali e delle cure mediche che si
possono ottenere esclusivamente su prescrizione medica.

Più in generale, le
comunicazioni commerciali audiovisive non devono esortare i minori ad acquistare
o locare un prodotto o un servizio «sfruttando la loro inesperienza o
credulità». E nemmeno incoraggiarli a persuadere i loro genitori o altri ad
acquistare beni o servizi, né sfruttare la particolare fiducia che essi
ripongono nei genitori e negli insegnanti. Non possono poi mostrare «senza
motivo» minori che si trovano in situazioni pericolose.

Come richiesto dal
Parlamento in prima lettura, gli Stati membri e la Commissione sono chiamati a
incoraggiare i fornitori di servizi di media ad elaborare codici di condotta
concernenti le comunicazioni audiovisive commerciali inserite in programmi per
bambini. Questi codici devono riguardare, in particolare, prodotti alimentari o
bevande «la cui assunzione eccessiva nella dieta generale non è raccomandata».

Niente sponsor per i notiziari, programmi per bambini e religiosi 

Con «sponsorizzazione», la
direttiva intende «ogni contributo di un’impresa pubblica o privata o di una
persona fisica, non impegnata nella fornitura di servizi di media audiovisivi o
nella produzione di opere audiovisive, al finanziamento di servizi o programmi
di media audiovisivi al fine di promuovere il proprio nome, il proprio marchio,
la propria immagine, le proprie attività o i propri prodotti».

In base alla direttiva, il
contenuto dei programmi sponsorizzati non devono essere «in alcun caso»
influenzati in modo da compromettere la responsabilità e l’indipendenza
editoriale del fornitore di servizi di media. I programmi, inoltre, non devono
incoraggiare direttamente l’acquisto o la locazione dei beni o servizi che li
sponsorizzano, mentre devono essere chiaramente identificati come tali
attraverso l’indicazione del nome, del logo e/o di qualsiasi altro simbolo dello
sponsor all’inizio, durante e/o alla fine dei programmi.

I notiziari e i programmi
di attualità non possono essere sponsorizzati, mentre gli Stati membri «possono
scegliere» di proibire che si mostri il logo di una sponsorizzazione durante i
programmi per bambini, i documentari e i programmi religiosi.


Promozione delle «opere europee»

Secondo le vigenti
disposizioni, gli Stati membri debbono vigilare, «ogniqualvolta sia possibile e
ricorrendo ai mezzi appropriati», che le emittenti televisive riservino ad opere
europee «la maggior parte del loro tempo di trasmissione», escluso il tempo
dedicato a notiziari, manifestazioni sportive, giochi televisivi, pubblicità,
servizi di teletext e televendite. E’ anche previsto di riservare il 10% del
tempo di trasmissione alle opere europee «indipendenti».

In proposito, la nuova
versione della direttiva introduce una diversa definizione di «opere europee» e,
limitatamente ai servizi audiovisivi «a richiesta», chiede agli Stati membri di
promuoverne la produzione e l’accesso. La promozione, è precisato, potrebbe
riguardare, fra l’altro, «il contributo finanziario che tali servizi apportano
alla produzione di opere europee e all’acquisizione di diritti sulle stesse o la
percentuale e/o il rilievo delle opere europee nel catalogo dei programmi
offerti dal servizio di media audiovisivi a richiesta».

 

 

Oggi in Europa si
trascorrono in media due ore al giorno davanti alla Tv. Negli Usa quattro, con
oltre 2 milioni di spot visti nell’arco della vita. Perché oltre a guardare
film, programmi ed eventi sportivi, assistiamo volontariamente o meno allo show
pubblicitario. In un mondo in rapida evoluzione tecnologica (tv digitale,
Internet, cellulari di terza generazione), anche il modo e l’intensità di
trasmettere messaggi pubblicitari necessita di una profonda revisione.

 

1 COMMENTO

  1. Come controllate la 7 ?
    12 minuti entro il termine di 60 provate a controllare.
    Leggi sono fatte per essere rispettate ma se non c’e controllo non vengono rispettate questo e quello che succede nel “paese delle meraviglie “

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