RCS, SU CESSIONE PERIODICI CERCASI ACCORDO CON I SINDACATI. PROCEDE NEGOZIAZIONE SU DEBITO E RICAPITALIZZAZIONE.

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Oggi nel Cda del gruppo RcsMediagroup si discuterà della vendita dei dieci periodici e degli immobili. Ma sarà necessario un accordo preliminare con i sindacati,pena l’impugnazione della vendita. Spuntano dubbi sull’interessato Andrea Mastagni. E c’è ancora incertezza anche per la vendita della storica sede di Via Solferino. Procedono le trattative con le banche per la rimodulazione e il rifinanziamento del debito di 876 milioni. Da definire anche la ricapitalizzazione di 400 milioni da parte dei soci. Intanto al Corsera è previsto una “spending review” di 15 milioni. E il cdr del quotidiano illustra gli sbagli della dirigenza nel “caso Recoletos”.
Ma procediamo con ordine.
«Le offerte per i periodici sono tantissime. Venerdì 8 marzo faremo il punto», ha rassicurato il presidente di Rcs, Angelo Provasoli.
Tra gli interessati svetta Andrea Mastagni, presidente del Gruppo SeregniFingraf (Gsf, maggiore stampatore italiano) supportato da fondi di private equity. Poi c’è Matteo Arpe, del fondo di investimento Sator, in coppia con News 3.0 di Paolo Madron, società editrice di vari siti di informazione tra cui Lettera 43, Economia Web e Lettera Donna.
Per quanto riguarda Mastagnisul profilo dell’imprenditore pesa l’analisi che di lui è stata tracciata sulle colonne de “Il Fatto quotidiano”, dove è stato evidenziato come le precedenti “avventure” imprenditoriali di Mastagni non abbiano avuto buon esito. E sono stati citati i casi della Cartiera Verde di Udine (in liquidazione nel novembre 2012) e del giornale Sardegna 24 (chiuso dopo 7 mesi nel gennaio 2012).
Ritornando ai periodici, ricordiamo che quelli messi all’asta sono dieci. Tra questi figurano Novella 2000, Astra, Max, Ok Salute e il polo dell’enigmistica.
I parametri quantitativi dell’offerta sono riservati. Ma il prezzo sarebbe di circa 50 milioni per tutto il blocco dei dieci periodici, i quali rappresentano il 20% del fatturato totale di Rcs Periodici. E danno lavoro a 90 giornalisti, senza contare direttori e poligrafici.
Vendere le testate, tuttavia, non sarà semplice, indipendentemente dalle offerte dei compratori. Infatti il Cdr dei periodici ha sottolineato che, negli accordi stipulati sullo stato di crisi dell’anno scorso, Rcs aveva assicurato un piano di riorganizzazione alternativo alla cessione e la rinuncia ad azioni unilaterali. Quindi, secondo i rappresentanti dei lavoratori, la cessione rischierebbe di essere antisindacale e potrebbe anche essere impugnata dai giornalisti. Per appianare i contrasti martedì 12 marzo è previsto un incontro tra i vertici Rcs, il Cda dei periodici, il segretario generale della Fnsi (sindacato nazionale della stampa), Franco Siddi, e il presidente dell’Assostampa lombarda, Giovanni Negri.
Per quanto riguarda la vendita degli immobili, è più probabile la cessione dello stabilimento di Via San Marco. Mentre la vendita della sede storica di Via Solferino potrebbe essere un sacrificio troppo doloroso. Ma, in ogni caso, nulla è ancora certo.
La dismissione di periodici e immobili, comunque, non è l’unico problema da risolvere in casa Rcs.
Il gruppo che edita il Corsera e La Gazzetta della Sport ha un debito di 876 milioni di euro. Di cui 700 da rifinanziare quest’anno. Infatti il presidente Provasoli e l’ad del gruppo, Pietro Scott Jovane, stanno ultimando un accordo con le banche per rimodulare il debito. Il quale è tutto in mano a cinque istituti di credito. Intesa Sanpaolo, che è anche socio di Rcs, possiede 300 milioni di crediti; Ubi 200; Unicredit 110; Bnl e Bpm 75 milioni l’una; e poi c’è Mediobanca, altra socia di Rcs, ne ha 50.
L’accordo dovrebbe avvenire in questo modo: 700 degli 827 milioni saranno riscadenzati a tre anni. Ma a patto che eventuali ricavi del gruppo vadano a coprire in anticipo il debito (anche se questo è stato posticipato) e non utilizzati per investimenti e dividendi.
E non finisce qui. Per attuare il piano, infatti, è necessaria la garanzia, da parte di soci, di una ricapitalizzazione. La cifra dovrebbe essere di 400 milioni quest’anno, più 250-300 l’anno prossimo. Il Cda, che dovrebbe precisare importo, le strategie finanziarie e il piano triennale doveva avvenire entro l’11 marzo. Poi, però, è stato posticipato al 23. Ma va precisato che tocca ai soci “paganti” dire l’ultima parola sulla ricapitalizzazione. E tra questi potrebbero esserci degli scontri. Infatti per Federico Ghizzoni, ad di Unicredit (socio e creditore di Rcs) il piano da 400 milioni sarà di difficile attuazione.
Infine c’è anche un’altra questione “dolorosa” con la quale fare i conti: la spendingreview, ovvero il taglio ordinario dei costi di gestione. Si parla di un piano da 15 milioni per il solo Corsera. Toccherà al direttore Ferruccio De Bortoli definire i dettagli. Il risparmio dovrebbe riguardare solo l’area amministrativa e quella produttiva. Il tutto senza intaccare l’offerta giornalistica. Con la speranza di ottenere, nel 2013, lo stesso ebitda del 2012, pari a 40 milioni di euro (un valore positivo, ma in netto calo rispetto ai 100 milioni del 2010 e ai 70 del 2011).
E per finire all’interno della redazione del Corsera si sta consumando una sorta di “guerra civile”. Il Cdr del quotidiano ha utilizzato lo spazio riservato al sindacato per fare un’inchiesta sulle dubbie strategie imprenditoriali dei dirigenti del gruppo Rcs. Fino ad ora è stato raccontato il “caso Recoletes”. Parliamo di una società spagnola, editrice di quotidiani, acquistata nel 2007. Fu pagata 1,1 miliardi di euro. Un prezzo spropositato secondo un rapporto della DeutscheBank. E in effetti non fu un buon investimento. La società spagnola aveva un patrimonio netto di 35 milioni e 272 milioni di debiti. Ma non basta, secondo il Cdr del Corriere «il gruppo Recoletos, integrato nelle altre attività di Rcs in Spagna, ha provocato svalutazioni e perdite per centinaia di milioni». Anche Guido Vitale, già presidente di Rcs, non esime da colpe i dirigenti di allora: «I soci di Rcs hanno delle precise responsabilità per la situazione odierna del gruppo. Il quale sta varare un piano industriale che prevede 800 esuberi [su un totale di 5 mila, ndr] la cessione o la chiusura di dieci periodici e la vendita della sede di via Solferino».

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