QUANDO AD ESSERE INFRANTA E’ LA PRIVACY REALE, CHI NE ESCE DAVVERO SCONFITTO?

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Buckingam Palace contro il gruppo editoriale Mondadori, primo round di una battaglia a suon di foto, oggetto incriminato del contendere.
A scomodare i legali della famiglia reale britannica sono le foto che ritraggono la duchessa di Cambridge, Kate Middleton in un inconveniente topless, intercettato dall’obiettivo dei fotografi durante un soggiorno della coppia reale in Costa Azzurra.
Gli scatti sono finiti sulle pagine della rivista francese “Closer”, controllata dal gruppo editoriale Mondadori di Silvio Berlusconi.
Immediata la reazione dei regnanti britannici che hanno subito intentato causa per violazione della privacy ed addirittura sporto causa penale, attraverso l’avvocato che ha presentato i primi documenti per dare inizio al procedimento legale.
Il caso si è allargato anche all’Italia, quando è arrivata notizia che le foto dello scandalo sarebbero state pubblicate dal mensile “Chi” con un’edizione straordinaria.
Quindi la polemica si sposta in patria e vede passare in secondo piano il fatto in sé, per lasciare posto alle polemiche politiche ed al labile confine tra diritto alla libertà di stampa e diritto alla privacy.
Sulle pagine di “Repubblica” il giornalista Francesco Merlo attacca il cavaliere in un botta e risposta e lo accusa di una scelta, quella di pubblicare le foto, altamente lucrosa e del tutto incurante degli equilibri diplomatici che si vanno ad infrangere con un’azione simile.
A replicare all’immagine di un re (ormai nudo) come traspare dalle parole di Merlo, ci pensa la figlia Marina Berlusconi a capo della Mondadori, che difende le scelte editoriali del gruppo e del padre, replicando che lei e i suoi collaboratori altro non hanno fatto che il proprio mestiere.
Quello che spera la Mondadori è probabilmente di raggiungere un tale boom di vendite, da coprire ampiamente le cifre che i legali inglesi della difesa chiederanno al gruppo editoriale come risarcimento.
Ed in questo caso il “vile” denaro vale ben più di un’infrazione della real-privacy.

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