LEGGE SUL PREZZO DEI LIBRI: UN «DIKTAT INCOSTITUZIONALE CONTRO IL CONSUMATORE E L’EFFICIENZA ECONOMICA»

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Per Alessandro De Nicola de Il Sole 24 Ore, è una legge che «si piega ai microscopici gruppi di interesse, svantaggiando l’interesse generale, l’economia e i consumatori» quella approvata il 20 luglio dal Senato che pone un tetto allo sconto sui libri. Rispetto al prezzo di copertina è permesso uno sconto massimo del 15%, le promozioni saranno possibili per un solo mese all’anno (a esclusione di dicembre, il migliore per le vendite) in cui lo sconto può arrivare al 25%, il 20% lo si potrà applicare solo in occasione di fiere e manifestazioni internazionali. Saranno i comuni a vigilare sul rispetto della legge, la cui violazione sarà punita con severe sanzioni pecuniarie. Si tratta, insomma, di un «diktat contro il consumatore e l’efficienza economica», perché «nessuno, con una faccia seria – continua De Nicola – può affermare che obbligare per legge a tenere i prezzi alti favorisce i compratori. Le tariffe obbligatorie, poi, deprimono anche il mercato nel suo complesso, perché diminuiranno le vendite e la diffusione dei libri, in barba alle finalità di promozione del “pluralismo dell’informazione”».
Arginare questo ingiusto ostacolo non è neanche impossibile, sarà sufficiente «registrare un sito web di vendita libri in Australia o Slovenia per vendere con sconti colossali. A meno che non si pensi di far controllare dalla polizia postale tutti i pacchi contenenti libri per verificarne il prezzo. Così facendo si andrebbe, però, contro le norme del Trattato Ue che proibisce ogni restrizione al libero scambio tra gli Stati membri».
«Anche la costituzionalità del provvedimento è dubbia. Si lede clamorosamente il principio della libertà di iniziativa economica senza che venga dimostrata l’utilità sociale se non con parole vaghe e prive di qualsiasi supporto statistico ed economico».
Insomma non resta che sperare che il Capo dello Stato, per tutte queste ragioni e supportato dalle migliaia di firme raccolte da LiberLibri e dall’Istituto Bruno Leoni, decida di non firmare e rimandare alle Camere il «bislacco» provvedimento.

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